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In una mattina di sole dell’inverno romano mi trovo in via Quattro Novembre, nei pressi dei Mercati Traianei. La mostra su Traiano che è stata allestita a Roma all’interno di questo complesso museale mi incuriosisce, è un’ottima occasione per conoscere da vicino questo leggendario imperatore romano tanto amato da tutti che portò Roma al suo massimo splendore. Penso al fascino dell’Impero romano, al richiamo irresistibile che ha esercitato da sempre su tutti i popoli della terra. Entro nel museo per chiedere informazioni sugli orari di visita e mi consegnano un foglietto pieghevole sul quale campeggia un titolo che mi lascia perplessa: “Traiano, costruire l’Impero, creare l’Europa”. Noto che accanto al titolo campeggia il ritratto dell’imperatore sezionato, sfalsato e colorato di verde e fucsia fluorescenti. Il foglietto suggerisce una reinterpretazione di Traiano in chiave moderna e sovrappone l’Impero romano all’Europa. Avverto una dissonanza, una disarmonia così profonda che per capire se la mia sia soltanto una suggestione o se derivi dalla percezione di una distorsione dei dati storici, qualche giorno dopo, in un caffè vicino al Pantheon, incontro Antonello Bassi, archeologo specializzato in storia romana. Gli esterno i miei dubbi sul punto e gli chiedo come è stata realizzata questa iniziativa. Antonello, fin dall’inizio della conversazione non nasconde la sua profonda delusione. Mi descrive l’ingresso all’esposizione: una gigantesca riproduzione di una sezione del basamento della colonna Traiana interamente dorata che definisce come  “un pugno nell’occhio del visitatore”, una stonatura nell’ambiente circostante della grande aula dei mercati Traianei. Anche all’interno le scelte degli organizzatori non sembrano felici: su uno schermo si vede un attore che impersona Traiano. L’effetto è noioso e ripetitivo, non certo suggestivo come nelle intenzioni. Ma c’è un dato che Antonello ritiene preoccupante: nelle sale disposte ai lati dell’aula principale si trovano in esposizione molti pezzi provenienti dal Museo della civiltà romana, come i calchi della colonna Traiana e anche numerosi modellini che giacevano nel magazzino del museo dell’Eur. Questo sembra confermare che il Museo della civiltà romana di cui abbiamo parlato tante volte e che gli sta particolarmente a cuore non verrà riaperto. Mi dice sconsolato  che nella mostra non vi è alcuna menzione che alcuni pezzi siano stati presi in prestito dal Museo della civiltà romana, in sostanza è come se ormai appartenessero stabilmente ai Mercati Traianei.

Antonello mi parla della mappa a tre colori che dovrebbe rappresentare l’impero all’epoca di Traiano e che invece non indica le province, le vie di comunicazione, l’organizzazione  dell’Impero limitandosi a segnalare alcuni  luoghi come Roma, Sarmigetusa, capitale del regno della Dacia, Selinunte, dove Traiano morì e pochi altri. Aggiunge che lungo la via biberatica, strada pedonale dei mercati Traianei, è stata posta l’opera di un’artista rumena che dovrebbe riproporre in chiave moderna la colonna traiana ma che, e qui Antonello si porta le mani sugli occhi, è orrenda, un insulto alla grandiosità dell’opera Traianea. Mi dice che anche la collocazione di Portus, modellino unico al mondo che riproduce lo scalo portuale realizzato da Traiano,  è a dire poco infelice: è stato collocato nella parte bassa del complesso museale, all’interno di una saletta buia, quasi nascosto ai visitatori.

Poi affronta il punto più importante: la volontà di dare a questo evento un  carattere che gli è totalmente estraneo. Non vi sono dubbi che il titolo della mostra sia fuorviante perché cerca forzatamente di attirare l’attenzione sul concetto di Europa. Così la mostra su Traiano diventa il pretesto per promuovere l’Europa, in un momento in cui  sta emergendo  il fallimento di questa idea che, così come è stata attuata, minaccia la sovranità degli Stati che ne fanno parte e mette in pericolo la nostra Sovrana Bellezza.

Traiano si presta a questa distorsione perché l’Impero romano esercita un grande fascino e questo imperatore era particolarmente amato. Ma il risultato è stridente se si pensa che si tratta di un concetto estraneo ai romani che consideravano l’odierna Europa la terra abitata dai barbari. Dopo la chiacchierata con Antonello mi è ancora più chiara quella disarmonia che percepivo nel titolo della mostra, la forzatura del dato storico che si vorrebbe piegare per rivalutare il concetto di Europa che ormai suscita sospetto e persino avversione.

Penso alla nostra Sovrana Bellezza ancora una volta ferita proprio da chi dovrebbe promuoverla e proteggerla. Far passare Traiano come un precursore dell’idea di Europa è un’operazione intellettualmente scorretta oltre che culturalmente sciatta.  Se dalla mostra non emerge la grandezza di questo imperatore, ne’ l’importanza delle sue opere, se non viene descritta la potenza dell’Impero romano, la sua gloria e la sua bellezza questa esposizione   è soltanto una grande occasione mancata.

Un inganno.

La Sovrana Bellezza siamo noi.

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