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di Mimmo Sica

Potentino di nascita, ma napoletano d’adozione Luciano Schifone (nella foto) è un avvocato prestato alla politica. «Dopo la laurea in giurisprudenza nel 1973 e l’abilitazione all’esercizio forense che mi ha consentito l’iscrizione all’albo degli avvocati di Napoli, nel 1980 è iniziata la mia carriera politica con l’elezione al consiglio regionale della Campania».

Perché questa scelta?

«Mi iscrissi alla Giovane Italia quando avevo 14 anni. Il mio attivismo di militante è esploso nel periodo cruciale per la storia politica del Paese e di quella europea, mi riferisco al 1968. È l’anno in cui mi iscrissi alla Federico II. Partecipai con grande intensità e presenza a tutte le attività che vedevano contrapposte le varie generazioni e, al loro interno, le diverse fazioni. A Napoli, in particolare, c’era uno scontro molto forte tra il movimento studentesco e i giovani di destra ai quali appartenevo».

Chi sono stati gli ideologi ai quali si è ispirato?

«Julius Evola, Friedrich Nietsche ed Ezra Pound. Di quest’ultimo amo ricordare il suo aforisma di valenza universale “Se un uomo non è disposto ad affrontare qualche rischio per le sue opinioni, o le sue opinioni non valgono niente o non vale niente lui”».

Sono trascorsi quasi cinquant’anni. Che cosa di positivo e di negativo ha determinato quella svolta epocale?

«Da un lato si sono infranti molti tabù e condizionamenti sociali. Dall’altro si creò una forte degenerazione politica che, partendo da una base estremamente ideologizzata, non poté trovare uno sbocco nella realtà. Questo determinò molta frustrazione che ha condotto negli anni Settanta all’estremismo e al terrorismo».

È stato il più giovane consigliere regionale in Campania. Quali sono stati i suoi riferimenti politici?

«A livello nazionale Rauti e Almirante. A livello locale, in particolare, Antonio Parlato. La mia prima elezione a consigliere ha segnato la mia maturazione che mi ha portato da militante ad “amministratore”. Infatti pur essendo all’opposizione, avevo la necessità di rappresentare non soltanto gli ideali e le finalità del mio partito, ma anche gli interesse le istanze concrete dei cittadi-
ni».

Ha avuto anche esperienze di governo regionale…

«Negli anni Novanta, con la presidenza regionale di Antonio Rastrelli, sono stato assessore al Turismo e Commercio, Sport e Spettacolo. È stata un’esperienza molto bella che ha dimostrato come gli uomini di Alleanza Nazionale, per la prima volta in una posizione di governo nell’Italia repubblicana, avevano complessivamente buone capacità di amministrare. Dopo un periodo di lontananza dal territorio perché fui eletto nel parlamento europeo, sono ritornato in consiglio regionale con delega allo Sport e Spettacolo sotto la presidenza di Stefano Caldoro».

Anche questo momento è stato particolarmente significativo…

«Dopo oltre vent’anni sono riuscito a fare approvare la legge sullo Sport che finalmente ha messo ordine nell’ambito dello sport in genere e ha istituito il monitoraggio e la programmazione dell’impiantistica sportiva in Campania».

Una legge decisamente innovativa in Italia per quanto riguarda l’impiantistica. Da dove le derivava la conoscenza di questo problema così specifico?

«Da un’esperienza che avevo fatto precedentemente con un bando regionale per il finanziamento di impianti sportivi da ristrutturare. Ci furono trecento richieste. Mi resi conto che sul territorio c’erano altrettanti impianti sportivi che non erano adeguati e modernizzati. Non c’era perciò carenza di quantità, ma di qualità perché negli anni Settanta e Ottanta evidentemente le amministrazioni comunali, sia piccole che grandi, si erano dedicate a costruire impianti sportivi invece di manutenere e gestire quelli esistenti. Con questa legge, quindi, basta con finanziamenti a pioggia, ma mirati e programmati in base alle necessità del territorio connesse con i bacini di utenza».

Funziona questa legge?

«Con la caduta della presidenza Caldoro è tutto fermo nonostante sia stata approvata all’unanimità. Non dimentichiamo che nella legge è prevista anche la possibilità di affidare a mezzo gara gli impianti a società sportive nel caso in cui il Comune non sia interessato o non sia in grado di gestirli. È emblematico il caso dello stadio Collana, di proprietà della Regione dove, nonostante la gara per l’affidamento sia stata aggiudicata a una cordata di associazioni sportive, il Comune di Napoli, scaduto il comodato d’uso, si rifiuta in maniera arrogante e fuorilegge di riconsegnare la struttura, determinando ulteriore degrado e disagio fra gli atleti».

Qual è oggi il suo ruolo politico?

«Sono componente della Direzione nazionale di “Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale” che è il partito che oggi rappresenta me-
glio tutte le posizioni politiche che ho sviluppato nella mia carriera. È anche l’unico partito che ha il coraggio di sostenere con forza gli interessi autentici della Nazione. E non a caso nel simbolo c’è la fiamma tricolore del Msi che mi ha accompagnato fin dal’68 e per questo mi sto impegnando per un suo rilancio nella città di Napoli».

È anche uomo di cultura. È cofondatore del Centro Studi La Contea…

«È uno dei più antichi circoli culturali napoletani. Fui fra i fondatori nel 1987 insieme ad Antonio Parlato, Angelo Manna, Roberto Bigliardo, Bruno Esposito e Marcello Taglialatela. Il nome si ispira al libro del britannico John Ronald Reuel Tolkien “Lacompagnia dell’anello”, il primo volume della trilogia della saga “Il signore degli anelli”. Nasce per rispondere a una esigenza di cultura dell’area del centro destra. È uno spazio libero per presentare libri, tenere mostre, fare convegni, dibattiti, salotti musi-
cali, incontri culturali a 360°.

Personalmente ho una formazione classica anche se ho frequentato il liceo scientifico che nell’idea di Giovanni Gentile uni-
va l’umanesimo e la scienza. Ho avuto sempre una profonda passione per il mondo artistico in tutte le sue declinazioni, dal tea-
tro al cinema, dalla musica alla pittura».

Il suo studio ospita una “mostra” di scacchi e scacchiere veramente pregevoli. Come mai?

«Sono appassionato di storia e in questo ambito ho anche una tendenza ludica. Gli scacchi sono per me il gioco più bello e interessante. Ci viene dalla tradizione persiana. Non mi piace solo il gioco, ma anche la scacchiera stessa perché con i suoi personaggi rappresenta in qualche modo l’ordine della società, il cosmo con i suoi pezzi ognuno al suo posto, con le sue leggi, le sue regole di una battaglia cavalleresca, metafora della lotta per la vita. Questo mi ha fatto diventare non solo giocatore ma anche collezionista. Una costante della mia personalità è la curiosità».

In che senso?

«Sono curioso di tutto. L’ultimo fatto che mi ha affascinato è di natura astronomica. Mi riferisco alla “super Luna”, cioè la coincidenza del plenilunio con il momento di massimo avvicinamento alla Terra (perigeo) che è avvenuto il 14 novembre scorso. Non solo si è trattato della Luna piena più vicina alla Terra del 2016, ma è stata anche la più grande Luna piena visibile da 70 anni: l’ultima così si è verificata nel 1948, e la prossima arriverà il 25 novembre 2034. Ho risfogliato i libri di Isaac Asimov, uno dei miei autori preferiti. In questo momento con mia moglie, che è architetto, sto facendo una ricerca sulle origini storiche del palazzo in cui ci troviamo. Abbiamo scoperto che è uno dei più antichi di via Toledo. Sicuramente esisteva già nel 1530, periodo al quale siamo risaliti a questo momento, ma siamo convinti che è ancora più datato. Un’altra curiosità mi ha portato a scoprire il primo catasto a Napoli importato dalla Francia da Gioacchino Murat, che è stato anche re delle due Sicilie nel periodo del Primo Impero Francese dal 1808 al 1815, interrompendo il regno di Ferdinando IV di Borbone».

A proposito dei Borbone re di Napoli, qual è il suo giudizio?

«Decisamente positivo, li stimo e li apprezzo molto perché hanno fatto tantissimo per la nostra città. La resero una capitale europea di primissimo ordine e con dei primati inimmaginabili. Basti pensare che il Regno delle due Sicilie, con Ferdinando IV, è stato il primo Stato al mondo che ha effettuato una vaccinazione di massa contro il vaiolo».

Ritornerebbe idealmente a quel periodo?

«Ammiro molte cose dei Borbone ma è irrealistico qualsiasi revanscismo, ma certo la revisione della nostra storia può far recuperare una consapevolezza delle capacità e delle potenzialità del sud, che può quindi pretendere una autentica tutela dei propri diritti. Napoli deve liberarsi del folklore arancione e riorganizzare il suo territorio».

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