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“Cosa c’entra Marchini con la destra? È la perfetta espressione dei radical chic e si contenderà le preferenze con Giachetti. Berlusconi? Siamo ancora in tempo, uniamoci per conquistare Roma. Il secondo fine è mandare a casa Renzi”.

L’intervista di Luca Telese.

Andiamo al sodo: tu e Salvini volete approfittare delle elezioni romane per strappare la leadership a Berlusconi? «Una panzana. Ho solo un obiettivo a Roma».

Quale? «Vincere, mandare via il Pd dal Campidoglio e i clienti di mafia capitale dagli assessorati. Punto». Ma c’è un secondo fine. «Certo! Renzi e il suo governo mai votato da nessuno. Nessuna guerra civile nella coalizione per quel che mi riguarda». Sicura? «Zero. Le amministrative sono la prima occasione per mandare a casa il governo che stava provando a far passare il pignoramento della casa…». Si, capisco, però… «…lo stesso governo che sta provando – indegnamente – a infilare la cancellazione della reversibilità nella legge per la lotta alla povertà!». D’accordo, però… «Lo stesso che sta provando a tagliare le pensioni dei giovani camuffando questo prelievo postdatato con una riduzione contributiva».

Sì, però la notizia di oggi è la rottura con Bertolaso. «È di ieri. Oggi ho una sola priorità: far vincere il centrodestra a Roma». Ieri hai detto che al ballottaggio voteresti Raggi. È sospetto. «Il contrario, semmai: stavo spiegando che il M5S non da risposte. Se io, Giachettì e la Raggi siamo ad un punto di distanza dopo un solo giorno che sono in campagna elettorale, la vera domanda è: “Con chi preferisci batterti al ballottaggio, Giorgia?”». La Meloni si fa le domande da sola? (Sorriso). «Sì, mi conosci. E mi rispondo anche: per me l’uno o l’altro è lo stesso. Il Pd a Roma ha fallito, i grillini non possono governarla. Sono due proposte di sinistra: vado al ballottaggio con chi di loro arriva, e poi convinco i romani che è meglio votare per me. Ho delle idee per la campagna elettorale…».

Tosta è sempre stata tosta, Giorgia Meloni, dalla prima volta in cui l’ho intervistata, quando era solo una delle vicecoordinatrici di Azione Giovani. Ci vediamo di prima mattina nella sua stanza al gruppo di Fratelli d’Italia a Montecitorio, sul tavolo una caricatura in cui Giorgia è disegnata come un manga. Lei studia una cartellina con i dati sugli asili, è appena tornata da Agorà, dopo tante titubanze sembra che l’unica cosa di cui gli importi sia il Campidoglio. Carica di adrenalina, spietata con gli avversari. Mi controlla il taccuino: «Hai scritto che questo è – anche – un voto contro chi ha truffato miliardi di euro ai risparmiatori? Il governo delle banche e degli amici delle banche?».

Non pensi che così si spaventino i moderati? «No: non sono moderati i correntisti di Banca Etruria depredati dei loro risparmi? E i pensionati che hanno perso tutto perché si sono fidati di chi gli vendeva obbligazioni subordinate? Moderati incazzati». Perché mi dici questo? «E le vedove che dovrebbero vedersi ridotta la reversibilità? E i disabili che devono ricorrere al Tar per difendere l’indennità di accompagnamento che per il governo è una forma di ricchezza? Sono saltati totalmente i parametri dell’appartenenza e della politica tradizionale». Cioè? «La ferocia di questa crisi ha ridisegnato le mappe. Non ci sono più ideologie, solo una scelta di campo: stai dalla parte di quelli che vogliono far pagare ai popoli d’Europa il prezzo dei profitti o con quelli che vogliono difenderli? Io scelgo questa battaglia». Ti pesa il fatto che si parli di «leghisti ed ex fascisti»? «Zero. Ho rappresentato l’Italia da ministro. Ho fatto la vicepresidente della Camera e nessuno tra amici e nemici ha sollevato questa pregiudiziale allora. Non si sa cosa dire e si rispolverano i vecchi relitti ideologici». Lo dici a Beriusconi? «Non faccio polemiche, lui sa come stanno le cose. Non volevo candidarmi, per le note vicende: siamo stati mesi a cercare un nome. Ho anche provato a sostenere Bertolaso, l’ho accompagnato in giro, mi sono spesa. Quando ho visto che la candidatura era rifiutata dai romani ho sacrificato il mio privato, i miei desideri e mi sono messa in gioco». E a Berlusconi cosa dici, adesso? «Candidandomi ho fatto quello che lui e Salvini mi chiedevano. Quindi, a parte incomprensioni e malintesi, uniamoci tutti per riprendere Roma».

Stai impostando la campagna elettorale in modo troppo radicale?«Stamattina hai passeggiato con me: hai visto che mi fermano tutti, soprattutto gli elettori di sinistra». Cosa ti dicono? «Sono amichevoli. Sai come sono i romani: “Ah, Giorgia, te possino…”». E tu che gli rispondi? (Risata) «”Ahò votami!” In questa Italia si sceglie tra chi difende gli interessi dei pochi e chi difende i diritti dei molti».

Pensi questo del tuo amico Giachetti? «Ho un ottimo rapporto con lui, gli voglio bene: ma oggi difende gli interessi dei costruttori, dell’establishment, dei pochi. Ottima persona al servizio di idee sbagliate». Lo sai cosa dicono: c’è già Marchini, c’è Bertolaso, troppo affollamento a destra. «Di Bertolaso non dico nulla, spero che si possa ricomporre presto. Quanto a Marchini, cosa c’entra con la destra? Lo rispetto, ma lui è l’espressione perfetta di un mondo radical chic che con i nostri elettori non c’entra. Io andrò a prendermi i voti delle periferie dove sono cresciuta, lui parla alle elite e agli scontenti del Pd». Ti candidi per ambizione? Confessa. (risata) «Avessi avuto questa ambizione mi sarei candidata mesi e mesi fa. Quando tutti me lo chiedevano!». Che messaggio dai a Beriusconi? «Lo conosco quasi quanto lui me: è intelligente, appassionato, ma anche pragmatico. È uno che fiuta l’aria come pochi. I primi a volermi sono i suoi elettori. Sa come me che è ora di unire le forze». Cioè convergere su di te. Lui potrebbe chiederti il contrario in favore di Bertolaso. «Lui mi conosce. Ha detto che se una donna decide è difficile farle cambiare idea. Vero. Però ti dico anche: io sono uno dei leader della coalizione. A Milano lui ha indicato Parisi e noilo sosteniamo. Perché lui non dovrebbe sostenermi?».

Ha contato la polemica di Bertolaso sulla tua maternità? «No. Ma qui dovrei farti un discorso complesso, non banalizzare». Grazie. «Se guardi questa storia con occhio maschile potresti non capirla. Non ci sono retroscena politici: dopo dieci anni in cui ho tirato la carretta, prendendomi tutte le soddisfazioni, per carità – mi sarei dedicata volentieri alla mia gravidanza». Però… «È molto diverso se qualcuno che ti dice: “Allora fai la mamma!”. C’è un abisso di incomprensione. Ecco cosa significa subire la presunzione di chi pensa di poterti dire: care donne, decidiamo noi cosa è meglio per te».

Quindi non stai parlando solo del caso Meloni. «Al contrario. Io sono una privilegiata. Però, provandolo sulla mia pelle mi posso mettere molto facilmente nei panni di tutte quelle donne che in tutti gli ambienti sociali e culturali sentono il peso di un dilemma». Quale? «Fuori c’è una società che ti scarica interamente addosso la responsabilità della maternità e ti dice: arrangiati. Se questo accade con me, che ho fatto il ministro, figurati che pressione può esserci su una precaria!». La battuta di Bertolaso era rivelatrice di un costume? «Scordati lui, per ora. Dico che io come donna posso decidere che sacrificio fare per crescere mio figlio. Non qualcun altro. Il peso di questa responsabilità è quasi tutto sulle donne, ma qualcuno pretende che l’onore di questa scelta sia delegato ad altri. E questo mi fa rabbia».

A che ti riferisci? «Da giorni i giornalisti che inseguono il mio compagno, Andrea, chiedendogli un’intervista che lui non vuole fare. Il sottofondo di questa richiesta è: tu cosa dici? Ti piace l’idea che questa se ne vada in giro a fare campagna elettorale da mattina a sera? Tienila tu a casa». E lui? «Per fortuna è in silenzio stampa: non gli interessa apparire in una telenovela mediatica».Quindi che messaggio vuoi dare alle neo-madri? «Non faccio la maestra di morale. Dopodiché non sarà una campagna elettorale col fiocco. Non ci sarà il bollettino di maternità». Quanto girerai? «Non intendo forzare: dove arrivo-arrivo e i romani capiranno».

Hai già un programma? «Sì, iper-ideologico. Primo: Asili. Due: buche. Tre: graduatorie delle case». Populista? «Se dico: fuori dalle case tutti i vip che non aggiornano il canone è populismo? Allora lo sono». Hai il mito della donna forte? «Dirò, scherzando: votatemi a vostro rischio e pericolo, perché se vinco darò l’anima per far rispettare le regole. Sto pensando a tutti gli stratagemmi necessari. Mi camufferò per andare a controllare, in circoscrizione e all’anagrafe, quanto attendono i cittadini e come vengono trattati». E poi? «Mi immagino un modo per premiare chi denuncia i casi di corruzione». Invito alla delazione?«Se becchi un ladro fai la cosa più utile. E poi, mi metto le calosce ai piedi e vado a controllare con la pertica cosa cavolo mettono nelle betoniere! Ma a Roma fanno l’asfalto col semolino? Riparano, il giorno dopo piove, voragine. Ma si può?». Stai mettendo in dubbio gli appalti? «Certo: per uscire dall’effetto cratere lunare questo è più importante di qualsiasi protocollo». Terzo? «Asili dovunque: asili e nidi, comunali, statali. Ma anche e soprattutto condominiali. Sono stata nel nord europa, voglio importare un modello». Lo pensavi anche prima della gravidanza? «Da dieci anni».

Abbiamo detto tutto. «Non ancora: seguo con angoscia l’inchiesta di Roma. Penso a questo ragazzo, Luca, al supplizio infame che ha subito». C’entra con la tua campagna? «Certo, è un campanello di allarme. Da 30 anni combatto le droghe». Hanno ucciso perché erano strafatti? «No, perché erano criminali. Però la coca ti fonde in cervello e se hai qualcosa di orribile dentro te lo tira fuori».

Rispetto a una grillina sei una professionista della politica. «Significa saper fare le cose? Lo sono con orgoglio». Ti definiscono la ex baby sitter dei figli di Fiorello. «È uno dei lavori più nobili che ho fatto. Aggiungi il banco dei dischi a Porta Portese. E la barista al Piper. E allora?». Non ti arrabbiare! «Se mi attaccano così mi fanno la campagna elettorale loro: vengo da una famiglia umile e ne sono orgogliosa».

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