«La giornata del 25 novembre è certamente utile per accendere i riflettori dell’opinione pubblica mondiale sul tema della violenza sulle donne. Il cuore del problema da affrontare è la discriminazione culturale che favorisce l’aggressione fisica. Una discriminazione che è figlia di retaggi legislativi assurdi come quello che un tempo si definiva “delitto d’onore”. Oggi quella follia giuridica non esiste più, ma resta il suo brodo di coltura. È certamente in famiglia che si svolge la parte più importante dell’educazione affettiva, ma confesso che mi piacerebbe che anche nelle scuole italiane si insegnasse con particolare cura il rispetto delle donne. Magari rispolverando la bella favola del cavaliere coraggioso e gentile, piuttosto che rincretinire i bambini con la teoria gender dei due cavalieri affemminati che si sposano tra di loro. Ma questa è un’altra storia».
Sono alcuni dei passaggi della lettera del presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni pubblicata sul sito del quotidiano “Libero” in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
«L’arretramento culturale che fomenta il maschilismo e nei casi più gravi la violenza sulle donne, è un fenomeno oggettivamente in regressione in Italia. Una regressione troppo lenta ma sostenuta dai dati. Purtroppo non si può dire altrettanto di quelle nazioni che soffrono la presenza di un’ideologia religiosa repressiva e discriminante nei confronti delle donne. Penso soprattutto al mondo islamico e al duro lavoro di armonizzazione con i diritti civili che ancora sembra non essersi avviato con sincera convinzione – scrive ancora la Meloni su www.liberoquotidiano.it -. Ho letto del dibattito spaventoso tra le sostenitrici più ferventi della Sharia, da cui emergeva come persino al loro interno fosse difficile accettare la poligamia (spesso condividendo il letto con bambine di appena dieci anni) in quanto legittimo bisogno dell’uomo. Non dobbiamo rischiare di sottovalutare il dramma con cui talvolta sono costrette a convivere le donne islamiche che vivono in Italia. Nei loro confronti, oltre che nei confronti di tutte le donne italiane occorre mettere in campo strumenti di sostegno psicologico, finanziario, giuridico e logistico. Serve conoscenza e azione, serve la bella politica».