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Meloni: «Alle amministrative possiamo battere la sinistra. E se il premier perde la Capitale cambiano anche gli equilibri nazionali. I candidati? Se non ci sono nomi forti facciamo le primarie. Marchini? Non lo sosterremo mai».

L’intervista di Alberto Busacca.

È pronta per la manifestazione di Bologna, Giorgia Meloni. E non ha paura di essere oscurata da Matteo Salvini. «Noi siamo abituati ad ascoltare quello che dice il popolo», spiega la leader di Fratelli d’Italia, «e attualmente nel centrodestra il parato più votato è la Lega». Questo, però, non vuoi dire appiattirsi sul Carroccio: «A noi interessa costruire un fronte comune selezionando le cose sulle quali siamo più d’accordo. Poi ognuno porta il proprio valore aggiunto. Sono convinta che Fdi sia il movimento che può crescere di più». È pronta per Bologna, Giorgia Meloni. Ma prima c’è un appuntamento a Milano. Un comizio per celebrare i 26 anni dalla caduta del muro di Berlino. Dal palco se la prende con la manovra di Renzi, «un gioco delle tre carte», con i «quattrocento deficienti e figli di papà» che vogliono impedire la manifestazione del centrodestra nel capoluogo emiliano e con tutti i «muri dell’ipocrisia» eretti dalla sinistra, incapace di difendere la famiglia e gli italiani vittime di furti in casa e aggressioni.

Proprio voi di Fdi, considerati euroscettici, festeggiate la caduta del muro di Berlino. A qualcuno sembrerà strano… «Può sembrare una contraddizione. Ma la verità è che gli anti-europeisti sono quelli che hanno preso l’Europa dei popoli, delle patrie e delle libertà e l’hanno trasformata in un comitato d’affari, di usurai, di lobbisti e di gente che, come direbbe Marine Le Pen, calpesta i diritti dei molti per fare gli interessi dei pochi».

Altra contraddizione: la manifestazione è contro un muro che ha diviso l’Europa, però in piazza i vostri ragazzi hanno portato anche un’immagine di Orban. E lui un muro, contro gli immigrati, lo ha costruito da poco… «Il problema è questa Europa che scarica sui singoli Paesi membri le questioni di portata continentale e che costringe ogni stato nazionale a difendersi come può. E comunque non è che quello che fa Orban sia diverso da quello che ha fatto la Merkel. Mettere un muro in Ungheria, nazione piccola che rischia di essere invasa, non è tanto distante dal dire “io prendo solo qualche migliaio di profughi siriani”. Altro che solidarietà, se alla Merkel serviva manodopera qualificata a basso costo poteva dirlo».

Dall’Europa all’Italia. La manifestazione di Bologna può davvero essere il punto di partenza di un nuovo centrodestra unito? «Io spero che sia il rafforzamento di un fronte anti-Renzi, cioè di un fronte di forze politiche che vogliono riprendersi la sovranità e la libertà. Che vogliono tornare a fare la cosa più banale del mondo: difendere i diritti dei cittadini che governano. Non so se definirlo “centrodestra” sia la cosa migliore, sono categorie che di questi tempi non stanno tanto in piedi. Posso dire che quello che noi vogliamo fare è mandare a casa un esecutivo che è il fantoccio di una serie di poteri e interessi che non sono quelli degli italiani».

Intanto, però, bisogna pensare alle amministrative. La sua arrabbiatura con Berlusconi per fermare la candidatura di Marchini ha ottenuto dei risultati. «La mia arrabbiatura non c’entrava nulla con una presunta sfida Marchini-Meloni. In realtà non si tratta di scegliere tra Marchini e Meloni ma di scegliere se andare compatti o andare in ordine sparso, perché Fdi Marchini non lo sosterrà mai. Con tutto il rispetto è una persona perfettamente inserita nelle dinamiche di potere di Roma e dell’Italia, una persona organica alla sinistra che non può rappresentare quella rottura che secondo noi è necessaria. Berlusconi questo lo sa bene. A Roma il fronte anti-Renzi può vincere, e se il premier perde la Capitale cambia qualcosa anche nello scenario politico nazionale. Non comprendere l’importanza della partita e fare fughe in avanti secondo me è sbagliato, indipendentemente da chi sarà il candidato».

Il suo nome è ancora uno di quelli che girano con più insistenza… «Io credo che dobbiamo metterci attorno a un tavolo e disegnare il modello di città che abbiamo in testa. Poi sceglieremo il portabandiera». Uno schema che vale anche per Milano? Qui il centrodestra sembra ancora più indietro. Qual è l’identikit del candidato che può battere la sinistra? Un manager? Un politico? «Deve essere una persona che comprenda la città e che sia compresa dalla città. Basta con i sindaci-marziani, come Marino ma anche come Pisapia, gente che non ha capito i bisogni dei cittadini».

La proposta delle primarie è ancora valida? «Secondo me sì. Se non c’è un nome forte forse sarebbe la soluzione migliore. Si anticipa la campagna elettorale e magari esce fuori la persona che può fare la differenza. Perché no? Perché non avere l’umiltà di tornare dalla gente?». Prima qualcuno le ha urlato “vieni tu a fare il sindaco a Milano”. Sembrava che l’idea non le dispiacesse… (Ride) «Diciamo che rispetto alla condizione in cui si trova la Capitale… potrebbe essere un’occasione. Sto scherzando, ovviamente».

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