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di Giorgia Meloni
30 settembre 2014

Lorenzo Bini Smaghi, ex membro del comitato esecutivo della Bce, ha scelto oggi di regalarci uno dei suoi preziosi commenti sull’Europa con una lettera pubblicata dal Corriere della Sera, nella quale ci dice in buona sostanza che l’Italia non deve battere i pugni in sede europea ma seguire il modello tedesco e le riforme che la Germania ha fatto.

Ma non solo: l’ex banchiere di Francoforte si spinge oltre e arriva addirittura a sostenere che il problema dell’Europa di oggi non è “la presunta egemonia tedesca” ma la debolezza degli altri Paesi membri “incapaci di stare al passo con le sfide globali”.


Diciamoci la verità: le parole di Bini Smaghi non ci stupiscono, visto che provengono da uno degli esponenti più noti di un certo mondo finanziario non proprio amico dell’Italia, ma non sono per questo meno gravi e inaccettabili.

Perché sostenere che la forza di Berlino e il suo strapotere nella Ue non sia il problema dell’Europa equivale a nascondere la verità agli italiani, evidentemente per fare gli interessi di qualcun altro.

Basti dire che nell’analisi dell’illuminato economista non c’è nessuna traccia dell’euro e dei suoi effetti: una moneta agganciata all’economia tedesca e che ha permesso a Berlino di registrare il record di esportazioni, avere un vantaggio competitivo enorme nei confronti degli altri Stati membri e invadere l’Europa con i suoi prodotti. In particolare a danno dell’Italia, che non a caso è il primo concorrente diretto della Germania a livello manifatturiero.

Bini Smaghi dimentica poi di dire che è proprio grazie alla cura da cavallo imposta all’Italia dalla Ue e da Berlino in questi anni che l’economia della nostra Nazione è peggiorata sotto ogni punto di vista: aumento della disoccupazione e del debito pubblico, crollo dei consumi e distruzione della domanda interna, peggioramento del Pil e della competitività delle nostre aziende.

Per questo dispiace constatare che, proprio nel momento in cui tutti gli osservatori e gli analisti economici cominciano a riconoscere gli errori commessi nella gestione della politica monetaria comune e dell’ortodossia del rigore, ci sia ancora qualcuno che sente la necessità di esporsi per difendere l’indifendibile, che finora ha giovato solo alla Germania e a pochi fortunati operatori del mondo finanziario.

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