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Per quanto riguarda la carcerazione preventiva, esorto a non fare di tutta l’erba un fascio. Se è vero che spesso viene utilizzata come strumento d’indagine, come “minaccia”, come modo per ottenere confessioni, è vero anche che è indispensabile per quanto riguarda i reati di maggiore allarme sociale. Quei reati cioè, che riguardano da vicino le persone, la loro sicurezza, la loro salute e la loro vita.

Anche qui, come in ogni cosa, non bisogna ragionare in modo lineare, ma occorre fare i dovuti distinguo, anche legislativi. Limitare dunque la carcerazione preventiva verso alcuni reati per lo più finanziari o contro la pubblica amministrazione fino a che non ci sono prove certe ed eventualmente utilizzare i domiciliari, ma rendere più incisiva la carcerazione preventiva dove c’è pericolosità sociale. Dove c’è il pericolo concreto che le persone possano essere violentate, ferite, uccise.

Oggi viviamo il paradosso che per i primi si finisce in galera spesso innocenti, mentre per i secondi c’è una pacca sulla spalla con un “non farlo più” che sa di buonismo di facciata, che non fa bene né all’imputato né a noi, cittadini di un’epoca arrovescio.

Lo dichiara Barbara Benedettelli, responsabile nazionale Dipartimento Tutela Vittime della Violenza FDI-AN

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