“Penso che la questione delle riforme sia talmente importante che non debba essere sminuita ad una mera disputa tra tifosi di chi si dichiara conservatore e chi innovatore. Occorre un approccio serio perché mai come stavolta tutti quanti siamo d’accordo nel cercare di superare il bicameralismo perfetto, nel riformare il titolo V della Costituzione e nel perseguire la riduzione dei costi delle Istituzioni. Se stagione delle riforme deve essere lo sia davvero senza, invece, che essa si riduca ad una sorta di settimana dei saldi in cui, pur di risparmiare, si rischia di prendere una qualsiasi cosa raccogliticcia che non sarà mai utilizzata. Allora, che siano riforme pensate e discusse, magari con tempi certi perché qui si parla di efficienza democratica”.
Così Paolo Marcheschi, consigliere regionale di Fratelli d’Italia nel corso del dibattito di oggi nella seduta speciale del Consiglio Regionale della Toscana sulla proposta di riforma costituzionale relativa a Senato e Titolo V della Costituzione.
Marcheschi ricorda che “già il centrodestra aveva avanzato a suo tempo una proposta innovativa e coraggiosa quando si parlò, ad esempio, di una forte riduzione del numero dei parlamentari. E’ evidente che ora si vogliano privilegiare il fattore tempo e soprattutto il fattore clamore. Si è parlato della modifica della legge elettorale ma ancora non è stata varata; si parla da tempo dell’abolizione delle province cosa che nei fatti non è avvenuta così come adesso si discute dell’abolizione del Senato ma anche questo, invece, resta in piedi”.
“Noi non siamo tra coloro, è bene chiarirlo, che intendono difendere le prerogative delle regioni ma nemmeno tra coloro che fanno un gran parlare senza realizzare un bel niente. Condividiamo la necessità di una accelerazione dei tempi senza lasciarsi prendere, tuttavia, da facili ed inopportune semplificazioni perché l’interesse primario deve rimanere quello di far funzionare bene le Istituzioni: certo, facendole dimagrire ma evitando che al contempo passi il concetto che tutte le assemblee democraticamente elette vadano limitate, quale sembra essere il pensiero della coppia Renzi-Berlusconi.
Noi siano certamente per esecutivi forti, si abbia anche da parte degli altri il coraggio di dire che si vogliono organismi elettivi e democratici e che abbiano competenze certe e serie perché le assemblee che rimarranno dovranno essere elette dal popolo. Non sarebbe serio, infatti, che chi viene eletto sindaco faccia anche il senatore part-time di secondo grado e viceversa: il senato è bene ricordarlo è una delle Camere che vota il Presidente della Repubblica per cui, con una Camera dei Deputati nominati dalle segreterie dei partiti ed un Senato così composto, da non eletti, che tipo di democrazia sarebbe? Ha ragione qualcuno a parlare di deriva autoritaria con questi presupposti e figuriamoci se tutto questo lo avesse proposto il centrodestra, apriti cielo!
Nel momento storico come l’attuale, dove abbiamo dovuto richiamare un Presidente della Repubblica in piena emergenza nazionale, dove si rafforzano i poteri del Presidente del Consiglio, senza aver addirittura risolto il famoso conflitto di interessi, è bene ricordare come la proposta di legge elettorale chiamata ‘Italicum’ consente ad un partito con il 20% dei consensi di avere il 55% dei seggi. Un Parlamento come questo, con deputati nominati da due segretari di partito, un senato incapace di controbilanciare l’altra camera e con un premier fortissimo, può creare dei rischi per la tenuta della democrazia.
In conclusione, è necessario avviare un dibattito serio su questo mosaico della revisione costituzionale del nostro ordinamento perché ritengo che avremmo dovuto inserire questa proposta in un contesto più ampio in cui si parlasse di elezione diretta del Presidente della Repubblica, di riduzione dei deputati della Camera, di rivedere lo status delle regioni a statuto speciale che è un concetto oramai superato.
Allora, quando si parla di esigenze della democrazia non dimentichiamoci che è sempre il popolo che deve scegliere.
Firenze, 2 aprile 2014