“E’ finita un’era: il finanziamento pubblico ai partiti cambia radicalmente. Ma come tutte le rivoluzioni radicali, non siamo convinti che sia un bene. La Camera dei deputati ha oggi approvato definitivamente il disegno di legge di conversione del decreto legge che taglia i contributi diretti ai partiti. La soluzione è quella delle contribuzioni volontarie”. È quanto scrive il deputato di Fratelli d’Italia Fabio Rampelli sulla rivista Area on line (www.area-online.it)
“Con questo decreto legge si regala questo patrimonio storico e politico alle lobbies, ai potentati economici, senza tuttavia essere neppure riusciti a regolamentare, a normare con leggi specifiche, così come esistono negli Stati Uniti d’America e nelle Istituzioni europee, l’attività stessa delle lobby. Si taglia dunque il finanziamento pubblico, si mettono i partiti in mano a realtà prive di regolamentazione. E a tale proposito, ci chiediamo, e incalzeremo su questo il futuro presidente del Consiglio Renzi, di recuperare quel disegno di legge varato dalla presidenza del Consiglio dei Ministri sulla regolamentazione delle attività dei portatori d’interessi proprio per evitare ipocrisie legislative, sedicenti riforme che hanno l’unico obiettivo di fare ‘ammuina’ per l’opinione pubblica per poi consentire ai potentati di impossessarsi degli ultimi presidi di democrazia e libertà costituzionalmente garantiti”.
“La crisi del Parlamento- osserva – i limiti costituzionali, fisiologici dell’attività di governo che si protraggono da oltre 30 anni a causa della mancata riforma dell’assetto istituzionale dello Stato, la sovrapposizione di nuovi centri legiferanti come quelli che derivano dalla nostra appartenenza all’Unione Europea, costringono il confronto politico, la sua naturale dialettica in orizzonti molto stretti”.
“La democrazia non è la web democracy che sta dimostrando tutti i suoi limiti e pericoli. La democrazia vive di confronto reale, di ascolto, domanda, risposta e soluzione in una continuità fisica e materiale, nelle sedi opportune, i partiti e non nelle piazze virtuali. Si è voluto assecondare quella pericolosa tendenza di considerare inutili i partiti proprio nel momento in cui il rafforzamento delle leadership avrebbe maggior bisogno di contrappesi interni. Il partito non è una persona, non è il leader. Il partito ha come sua ragione sociale la difesa di interessi diffusi, la difesa del bene comune, individuato ovviamente secondo le specificità ideologiche o post-ideologiche di ciascuna organizzazione”.