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di Guido Crosetto
26 novembre 2013

L’uscita dell’ex PdL ora Forza Italia dalla maggioranza di governo ricostruisce, anche nella forma, il progetto originario di Napolitano/Monti e cioè quello che prefigurava una vittoria del Partito democratico, che si sarebbe dato un tono allargando la maggioranza al “nuovo” centro di Monti, Casini e Fini. Quel progetto costruito a tavolino si era schiantato sugli scogli dell’exploit di Grillo e della rimonta berlusconiana. Il primo si rifiutò di accettare l’inciucio offerto da Bersani ed il secondo invece approfittò del momento di debolezza del Pd per imporre un’alleanza innaturale che aveva, per lui, un unico obiettivo: fermare l’attacco della magistratura. Per ottenere questo risultato votò Napolitano e votò la fiducia a Letta.

Purtroppo i conti erano stati fatti senza l’oste e la magistratura andò avanti senza indugio nel seguire il copione che era stato scritto il giorno prima della nomina di Monti senatore a vita: bisognava cancellare Berlusconi dal panorama politico, sconfiggendolo alle elezioni e condannandolo in giudizio. La Severino fu uno dei tasselli pensati per ottenere quest’obiettivo ed infatti il governo Monti cadde il giorno dopo che Berlusconi capì che la legge delega era stata scritta in modo tale da essere usata come una clava contro di lui. Ma era tardi. La speranza che la sua presenza in maggioranza, la sua consegna a Letta di una parte dei voti del centrodestra, potesse in qualche modo salvarlo, è durata poco tempo. Eppure ha fatto di tutto per accontentare i suoi nemici: in primis facendo avvallare l’intera compagine ministeriale da Letta stesso che ha portato al Governo le persone con cui da anni intratteneva rapporti nell’Intergruppo per la sussidiarietà che univa alcuni esponenti di destra e sinistra di medesima matrice democristiana.

 

Berlusconi non si è reso conto che stava mettendo a rappresentarlo le stesse identiche persone che il 16 dicembre del 2012 si erano riunite per provare a sostituirlo con Monti e che già allora vivevano con sofferenza la sua ridiscesa in campo. I risultati non si sono fatti attendere e le “sentinelle anti-tasse” si sono rivelate per ciò che erano: un cavallo di troia all’interno del PdL.

Hanno occupato, direttamente, tutti i ministeri rilevanti dal punto di vista economico e degli interessi reali, infrastrutture, trasporti, agricoltura, interni, sanità e attraverso “futuri amici” la difesa e il pubblico impiego, costruendo fondamenta solide su cui costruire “qualcosa”. È infatti “anomalo” il peso di questa piccola pattuglia se lo si confronta con i voti di cui dispongono oggi alla Camera ed al Senato e se si pensa che altri ministeri rilevanti sono occupati da tecnici: Cancellieri, Saccomanni, Giovannini. Infatti la logica con cui sono stati offerti spazi di potere non è quella proporzionale è quella dell’utilità marginale rispetto ad un progetto più ampio.

Ora però nuovi scogli si prefigurano all’orizzonte per la corazzata allestita da Napolitano: Renzi e l’immarcescibile Berlusconi. Il primo ha necessità di esistere come leader politico del maggior partito italiano, il secondo lotta per non morire. Il primo ha iniziato facendo un’analisi impietosa sulla presenza nel “Nuovo Centrodestra” al Governo dicendo una verità che Alfano e Lupi hanno paura di affrontare: loro sono ormai prigionieri di questa maggioranza e saranno costretti a votare qualunque cosa pur di tenere in piedi il Governo perché loro esisteranno solo se il governo durerà. Renzi l’ha sintetizzato in modo violento e senza diplomazia dicendo che Alfano dovrà adeguarsi alla linea del Pd. Amen. Renzi si accontenterà di fare prigionieri gli alfaniani? Non sono suoi amici, non sono futuri possibili alleati, perché rafforzarli e regalarli al suo peggiore nemico tra un anno o due? Ma soprattutto, perché aiutare Enrico Letta che sta lavorando solo per rafforzare se stesso e precludere a Renzi ogni dialogo con i mondi, esterni all’Italia, che contano? Dall’altra parte c’è Berlusconi, costretto a passare all’opposizione per poter alzare i toni su ogni tema.

Berlusconi ferito e costretto a lottare per sopravvivere è il peggior nemico che chiunque possa augurarsi. Ha una capacità di lavoro, una determinazione, una naturale predisposizione a comunicare ed una potenza di fuoco mediatica che gli consentiranno di occupare h 24 palinsesti televisivi e centinaia di pagine ogni giorno, sabato, domenica e feste comandate comprese. Parlerà di tasse, di lavoro, di Europa, di euro, di giustizia, di sanità, di asili, di disastri naturali. Cercherà di spiegare che tutto sta crollando, di rappresentare una stretta similitudine tra il suo destino e quello del Paese. Farà guerriglia armata su ogni fronte cercando di rendere impossibile la vita ai responsabili della sua esclusione dal Senato. Lo farà su un tessuto economico e sociale predisposto alla rivoluzione, insofferente, arrabbiato, confuso, demoralizzato, ballando su una polveriera pronta ad esplodere. Un mio amico diceva: “A me non fa paura un pazzo, né una bomba. Ma se il pazzo e la bomba sono insieme e magari nella stessa stanza dove sei tu, inizia a preoccuparti”. Berlusconi non è un pazzo, anzi è la persona più lucida, cinica e razionale presente nel panorama politico italiano, ma ha il coraggio di chiunque non abbia più nulla da perdere e mille bombe.

Ho dipinto un quadro esagerato o surreale? Non mi pare, purtroppo. Dico purtroppo perché a fianco del tavolo su cui si gioca questa partita a scacchi c’è l’Italia, ci sono le nostre aziende, i nostri giovani, il nostro futuro soprattutto quello di milioni di giovani. Ma su questi temi non c’è sede di confronto, non c’è proposta, non c’è spazio, solo tentativi di sopravvivenza o demagogia. E chi si ostina, come abbiamo provato a fare noi di Fratelli d’Italia con il progetto dell’Officina per l’Italia, a parlare dei temi di cui dovrebbe parlare la politica, è marginalizzato da tv, radio e giornali. Siamo fuori tema. Potremo rientraci se Giorgia Meloni magari si decidesse a vendersi per denaro o per un posto o se io mi decidessi a farmi recapitare un avviso di garanzia per qualcosa, o se, per rimanere nei confini politici, scegliessimo Berlusconi ad occhi chiusi tornando sui nostri passi e rinunciando a battaglie ideali. O ci offrissimo come sponda in cambio anche noi di un posto al “Nuovo Centrodestra di sinistra”. Lo potremmo essere se dicessimo qualcosa tipo “Berlusconi hai rotti i c…” oppure “Berlusconi sei una vittima e quindi occupiamo la procura di Milano”. Lo potremmo essere se decidessimo di rinunciare a fare politica e cavalcassimo l’onda del quotidiano. Facendo finta di non sapere che quelle onde stanno erodendo il terreno sul quale stanno le nostre case ed il futuro dei nostri figli.

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