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«Come sancisce l’art. 45 della Convenzione di Istanbul, le punizioni devono essere efficaci, proporzionali e dissuasive e devono tenere conto della gravità del fatto compiuto. Ma per salvare vite occorre agire prima e con durezza, reprimendo già i reati anticipatori anche se erroneamente considerati minori. Due giovani donne, Marta Deligia e Ilaria Pagliarulo, non sarebbero morte se ognuno, in qualsiasi ruolo, avesse fatto il suo dovere con la piena consapevolezza di un fenomeno che deve essere riconosciuto per essere eliminato: il femminicidio. Legislatore, magistrato, Forze dell’Ordine, cittadini. Nessuno è innocente di fronte a queste morti.

Da una parte ci troviamo di fronte a una serie di denunce  alle quali non sono seguite misure efficaci di protezione, nell’altro caso di fronte a una donna soggiogata al punto da curare da sola la ferita di una pallottola sparata da un uomo che era risaputo violento. Nei giorni scorsi ho avuto un colloquio privato con la famiglia di Fabiana Luzzi, uccisa dal fidanzato e bruciata. Il padre ha detto una cosa che il legislatore deve ascoltare se non vuole avere sulla coscienza altre morti tremende: “E’ un bene che ora sia previsto l’arresto in flagranza grazie al decreto Legge sulla violenza di genere, ma non basta a salvare le nostre figlie perché quando si arriva alla flagranza siamo all’atto finale. L’arresto, come accade in America, dovrebbe essere previsto quando vai a denunciare la prima volta, come abbiamo fatto noi, con tanto di fotografie e referti medici. Poi è il denunciato che deve dimostrare che non è vero. Perché la prima cosa da tutelare è la vita e non la libertà di negarla”. E all’arresto, come già deve essere per gli ammoniti, deve seguire un immediato esame psicologico sul reo e un trattamento laddove ritenuto necessario. O la strage delle donne, non finirà mai».

È quanto dichiara Barbara Benedettelli, responsabile nazionale dell’Area Tutela Vittime della Violenza di Fratelli d’Italia.

Roma, 24 settembre 2013

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