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«La politica italiana degli ultimi vent’anni misura il proprio fallimento sulla sua incapacità di offrire all’Italia le riforme istituzionali da tutti invocate. La responsabilità per questo fallimento è dei leader dei partiti della seconda Repubblica: porta il nome di Massimo D’Alema, Romano Prodi, Gianfranco Fini, Umberto Bossi, Silvio Berlusconi. Oggi, tuttavia la possibilità di una riforma della nostra architettura istituzionale fa un salto in avanti.

Come Fratelli d’Italia combatteremo per l’inserimento nella Costituzione di alcuni principi che ci appaiono fondamentali, quali l’inserimento di un tetto al prelievo fiscale e tributario; la definizione del principio di equità generazionale, affinché sia impedita la formazione di debiti da trasferire alle successive generazioni; la previsione della sovranità e dell’interesse nazionale; una più puntuale definizione delle forme politiche, dello status giuridico e dell’organizzazione di partiti e movimenti; l’estensione del diritto di elettorato attivo e passivo a tutti i maggiorenni. Ci batteremo per garantire all’Italia un’accelerazione delle riforme, e ci riserviamo di andare anche in rotta di collisione con gli altri partiti, perché dà più gusto scontrarsi politicamente sul presidenzialismo, sulla centralità della persona e delle famiglie, sulle due camere con funzioni distinte e separate, su una legge elettorale che faccia contare i cittadini e non i partiti e le loro oligarchie. Per quanto potrà dipendere da Fratelli d’Italia le riforme stavolta si faranno».

È quanto ha dichiarato oggi alla Camera Fabio Rampelli, vicepresidente dei deputati di Fratelli d’Italia, durante il dibattito in Aula sul ddl sulle riforme costituzionali.

Roma, 1 agosto 2013

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