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“Anche il Cavaliere dovrà fare le primarie. I leader si forgiano nella competizione. Nel nostro centrodestra invece diventano tali per nomina dall’alto”.

L’intervista di Alberto D’Argenio, La Repubblica, 14 giugno 2013

«Il risultato di Fratelli d’Italia delle amministrative racconta che il tempo della politica non è finito, esiste ancora il modo di combattere l’astensionismo mettendo in campo persone credibili, determinate e radicate sul territorio con partiti che coinvolgano gli italiani nelle scelte». Parte da qui Giorgia Meloni nel suo racconto su come rifondare il centrodestra. Parte dalle primarie di Fratelli d’Italia a Roma.

Come si fa a trovare quell’anti-Renzi che Berlusconi va cercando? «Se ci sarà ancora una coalizione serviranno le primarie del centrodestra. Renzi ha avuto la possibilità di misurarsi, da noi questo non avviene. Di persone capaci ne abbiamo, bisogna stabilire le regole e le procedure e si faranno avanti».

No a suggestioni su personalità esterne? «Non possono prendere uno e nominarlo leader, i leader non si nominano, i leader si forgiano con il consenso e più la competizione è dura più i leader crescono. Ma nel nostro centrodestra questo non succede. E servono poi idee coerenti, non come il Pdl che va al governo con la sinistra e poi gli fa la campagna elettorale contro alle amministrative. Certo che poi vince il disincanto verso la politica, la gente mica vuole farsi prendere in giro».

Da cosa dipende se ci sarà ancora una coalizione? «Dipende dalla volontà di costruire un centrodestra ancora accattivante in uno schema bipolare con una legge elettorale che premi le coalizioni».

Accattivante lo è con o senza Berlusconi? «Un centrodestra accattivante lo si ha se si pone il problema della sua esistenza anche dopo Berlusconi, se poi alle primarie gli italiani sceglieranno ancora lui bene così. Ma Berlusconi si candidi e competa. Il problema del centrodestra italiano è non avere una prospettiva che vada attraverso le generazioni. I conservatori britannici mica sono finiti con la Thatcher, anzi l’hanno sfidata».

Quali sono stati gli errori del Pdl? «Chi dopo il miracolo di febbraio di Berlusconi ha creduto ancora una volta che il suo consenso fosse la soluzione a tutti i mali si è sbagliato. Se non costruisci un dialogo con la società, se non hai dirigenti validi sul territorio crolli. Con tutti gli anni che abbiamo governato non abbiamo lasciato una traccia culturale in Italia. Intanto il Pdl sta in un governo che rimanda la soluzione di tutte le grandi questioni e sembra solo occuparsi della sua sopravvivenza».

La destra è morta? «La destra non è morta, perché le idee non muoiono. In questi giorni è stato celebrato un funerale troppo frettoloso. Non si tiene conto delle persone che ancora in tutta Italia si battono per tenere in vita i nostri valori. Diciamo però che si è chiusa l’era di una classe dirigente che ha spesso pensato più a se stessa che a cosa stava lasciando dopo di sé. Non si può ripartire da chi ha avuto incarichi di prima fila».

Ricambio generazionale con un nuovo contenitore? Una nuova An? «La destra non è nata con An e neanche con l’Msi, ma molto, molto prima. affonda le sue radici nel risorgimento e ancora prima nel romanticismo. Dobbiamo chiederci come incarnare quella visione nel nostro tempo. Fratelli d’Italia è un ottimo punto di partenza per la ricostruzione. Non è un fatto di generazione anagrafica, ma politica. I vecchi leader non pretendano di ritrovarsi in prima fila».

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