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“L’occasione del question time presentato oggi al ministro dell’Integrazione ha offerto lo spunto per ribadire la posizione di Fratelli d’Italia su nuova cittadinanza e reato d’immigrazione clandestina. Il conferimento della cittadinanza italiana non deve essere considerato uno strumento d’integrazione culturale ma, a integrazione avvenuta, un modo per esercitare diritti politici, civili e sociali. Ogni sovrapposizione genera pasticci e confusione”.

 

È quanto ha detto il deputato di Fratelli d’Italia, Fabio Rampelli, nel corso del question time al ministro per l’Integrazione, Cecile Kyenge.

“La nascita in Italia non può considerarsi un requisito per ottenerla, visto che un bambino figlio di genitori stranieri non è detto che, da adulto, tenga maggiormente alla cittadinanza italiana rispetto a quella del paese di cui è originaria la sua famiglia. Sarebbe un’imposizione odiosa, un atto di razzismo al contrario, laddove uno Stato elargisse il ‘privilegio’ di diventare cittadino ritenendosi superiore allo Stato da cui proviene la famiglia del richiedente. La cittadinanza per noi è un atto d’amore, la condivisione di lingua, tradizioni, cultura, Costituzione, leggi. Semmai raccomandiamo a Governo e Parlamento, una volta si decidesse di manomettere le norme vigenti sulla cittadinanza, d’introdurre una cerimonia solenne nella quale, solo chi ne fa richiesta e lo desidera, possa diventare nei tempi congrui e necessari, cittadino italiano dopo l’accertamento dei requisiti previsti. Magari con un giuramento. Ci confermiamo quindi sconcertati dalle affermazioni del ministro Kyenge, completamente estranee alle sue competenze (la materia infatti è nelle deleghe degli Interni) e fuori dalla legislazione della stragrande maggioranza dei Paesi europei. Anche le dichiarazioni altrettanto improvvide sull’abolizione del reato d’immigrazione clandestina sono esecrabili e ideologiche. E’ pragmaticamente necessario ritenere illegale l’introduzione non dichiarata nei confini di un’altra Nazione. Ogni amministrazione ha il diritto e il dovere di conoscere quali persone la abitano, per conoscere l’andamento demografico, programmare i servizi alla persona e i suoi costi, garantire la sicurezza di tutti coloro che, cittadini od ospiti temporanei, si trovino a soggiornarvi. Chi nega le sue generalità si vuole nascondere e se vuole nascondersi ha qualche motivo per farlo. Il reato d’immigrazione clandestina è un deterrente per chi volesse rifugiarsi in Italia e vivere ai margini della legalità”, ha concluso Rampelli.

Roma, 15 maggio 2013

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