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l’intervista di Carlantonio Solimene

«Ci sono stati momenti in cui mi sono vergognata del Pdl, di alcuni personaggi o di come sono state gestite certe faccende». Non usa mezzi termini, Giorgia Meloni, nel giudicare il partito che ha lasciato.

Alzando un polverone. Ma lei tira dritto: «Di che polemiche si tratta? Io ho criticato un partito incapace di espellere Fiorito. Chi mi attacca vuole per caso difendere l’ ex tesoriere?».

 

Onorevole Meloni, magari i suoi ex compagni di viaggio si chiedevano perché se n’è accorta solo adesso… «Non è vero che mi sono vergognata solo adesso. Basta rileggere le dichiarazioni che ho fatto all’epoca, quando esplose il caso-Lazio. Tanto che dovette rispondermi Alfano, dicendo che Fiorito era fuori dal partito».

 

Poteva andare via allora. «Ho atteso il termine della legislatura per non fare come tanti altri, che hanno tradito il mandato degli elettori. Io invece l’ho rispettato sino in fondo. E ora ne chiedo un altro con Fratelli d’Italia».

Il fatto che se ne sia andata vuol dire che considera il Pdl irriformabile? «Io ho fatto tante battaglie dall’interno, ma quando ne ho perse troppe ne ho preso atto. Mi sono opposta al sostegno ai tecnici, ho chiesto primarie per il candidato premier e per i parlamentari, ho provato in tutti i modi a far cambiare la legge elettorale, ho proposto il codice etico, invocato una legge sulle incandidabilità ben prima che la facesse Monti. Sono stata leale al partito fino alla fine, ma continuare a far finta di niente non corrisponde alla mia idea di politica. Non si possono mettere da parte i propri valori per una poltrona».

In cosa si distingue Fratelli d’Italia dal Pdl? «Il nostro partito rappresenta il centrodestra che si può votare a testa alta. Quell’area che crede fermamente nel rinnovamento e nella meritocrazia, che mette alla base della propria politica le idee e non i tatticismi. Votare per noi significa dare più forza a quella parte della coalizione che non permetterà mai un governo-inciucio con la sinistra o un nuovo sostegno a un esecutivo dei poteri forti. Altro che voto inutile…».

Non vi è andata giù la frase di Berlusconi sullo spreco del voto ai piccoli partiti… «Ci sono rimasta male, devo ammetterlo. Se un partito è grande o piccolo lo decidono ancora gli elettori. E poi mi è sembrato molto scorretto dire che sarebbe stato meglio votare il Pd anziché noi. Berlusconi conosce bene la legge elettorale perché è stata realizzata dalla sua maggioranza. Sa perfettamente che il voto, anche se non dato al Pdl, va comunque alla coalizione. Sostenere noi, quindi, è doppiamente utile: per sconfiggere la sinistra e per riformare questo centrodestra».

Parliamo di programmi. Avete rivendicato la paternità della restituzione dell’Imu. «Era una nostra idea, è vero. Ma è un bene che le giuste battaglie siano condivise. Noi l’avevamo pensata un po’ diversa, pensavamo a un rimborso con titoli di Stato, perché così sarebbe stato come se a restituire i soldi agli italiani fosse il Montepaschi. Ma mi basta che sia diventata una proposta di tutta la coalizione».

Su altre idee del Cavaliere c’è meno convergenza. «Sono contraria al condono tombale. Significa mettere sullo stesso piano i contribuenti che proprio non ce la fanno e gli evasori di professione, i disonesti. Noi invece proponiamo un condono sugli aggi e gli interessi di Equitalia, con cartelle esattoriali che spesso fanno aumentare del 30-40% la somma dovuta dal cittadino. Altra idea che contrastiamo è quella dell’amnistia. Bisogna dire basta a questi provvedimenti, la politica deve smetterla di gettare la spugna di fronte ai problemi che non è stata capace di risolvere».

È fiduciosa nel risultato elettorale di Fratelli d’Italia? «Non guardo ai sondaggi, hanno un margine d’errore del 3% che, rapportato al nostro consenso, rappresenta una forbice enorme. Ma la risposta della gente è stata straordinaria. Non solo per la quantità, ma perla qualità. Ho trovato persone ai nostri comizi che volevano astenersi o votare Grillo e grazie alla nostra proposta hanno cambiato idea. E il mio obiettivo, riconciliare le persone con la politica, dimostrare che si può creare un movimento al basso, senza tanti soldi, senza l’appoggio dei poteri forti, senza uomini nel Cda Rai».

Ma vi sarete posti un obiettivo in termini di percentuale. «È  impossibile fissare una quota per un movimento che esiste da 40 giorni. La sfida non  è convincere gli elettori, ma farsi conoscere e poi eventualmente convincerli».

Sperate di battere La Destra di Storace? «Se avessi interpretato questa battaglia come un derby con La Destra mi sarei annessa direttamente, noi avrei fatto un altro partito. Noi non guardiamo a un nuovo contenitore di destra, vogliamo creare una creatura di centrodestra».

E cosa succederà dopo il 25 febbraio? Farete gruppi unici con il Pdl? «Impossibile dirlo ora, dipende da quanti candidati porteremo in Parlamento. Ma Fratelli d’Italia non è un cartello elettorale, la vera sfida non termina col giorno del voto, comincia proprio in quel momento».

Magari con la corsa al Campidoglio. Si continua a parlare di lei come candidato sindaco. «Basta con questa storia, sono gli altri a tirarmi in ballo. Non ci ho pensato, in questo momento sono concentrata su politiche e regionali».

Nel Lazio Storace cela farà? «Il nervosismo della sinistra ci fa capire che il risultato è tutt’altro che scontato».

E alle Politiche come finirà? «La partita è aperta. Dobbiamo crederci».

È lo slogan di Storace, «ora credici»… «Noi ci crediamo da sempre».

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