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L’Italia possiede ricchezze ben più rare e preziose del petrolio, oltretutto inesauribili: la cultura, l’arte e il paesaggio.

Solo considerando i siti Unesco censiti in Italia, emerge che il nostro Paese detiene il più alto numero di siti al mondo, risultando il più visitato. Infatti su 936 siti presenti in 153 paesi, ben 47 sono in Italia. Se consideriamo il patrimonio non censito, opere d’arte, musei, monumenti, luoghi naturali, borghi e patrimonio enogastronomico è facile capire come si sia diffusa l’idea che l’Italia detenga il 70% del patrimonio culturale mondiale. Un’esagerazione fondata su una verità.

A fronte di ciò, queste ricchezze appaiono poco e mal utilizzate.

Per capire l’anomalia della gestione del nostro patrimonio è utile considerare che si pagano quasi 10 euro per accedere alla torre Eiffel, 25 dollari per l’Empire State building, 20 euro per il Big Ben di Londra, 13 per la Sagrada Familia di Barcellona, 15 per lo stadio Santiago Bernabeu di Madrid. Prezzi ben superiori ai 9 euro per il Colosseo, gli 11 di Pompei, i 6 della Mole Antonelliana o i 6,50 per la galleria degli Uffizi. A ciò si aggiunge la quasi totale assenza di attrattive collaterali.

Il patrimonio culturale presenta un’enorme potenzialità economica, turistica e occupazionale. L’arte e la cultura sono per l’Italia un forte elemento di coesione e ‘identità’. Fino a oggi è stato oggetto di scarsa valorizzazione. Occorre intervenire con un radicale capovolgimento.

Le scelte:

  • Intervento con strumenti per sviluppare una politica di sistema, indispensabile per poter sostenere la competizione con i Paesi concorrenti. Gli aspetti su cui insistere sono due: potenziamento della rete di servizi e investimenti sulla formazione degli operatori.
  • Investimento sul turismo e promozione del marchio “Italia”, mettendo a sistema le attrazioni e collegandole con chi offre ospitalità, ristorazione, servizi di guida, piuttosto che con l’agroalimentare, rendendo accessibile la rete e non il singolo monumento.
  • Forte ed incentivante politica di defiscalizzazione, anche tramite ricorso all’istituto del credito d’imposta, a favore del privato che intenda investire in infrastrutture connesse al turismo ed all’ampliamento e miglioramento delle strutture ricettive di accoglienza.
  • Formazione decisa, moderna, innovativa degli operatori e riqualificazione di quelli esistenti. Basta con gli improvvisati.
  • Avvicinamento della scuola e dell’università al mercato del lavoro, riducendo la distanza tra l’esigenza di competenze delle imprese e l’offerta fin qui disponibile. Rimodulare gli indirizzi formativi rivolti al turismo, dagli istituti professionali alle Università.
  • Accesso alle Soprintendenze per i giovani.  Da più di 10 anni non sono banditi concorsi, si sono moltiplicate le sedi distaccate con proliferazione di incarichi dirigenziali. Occorrono nuovi concorsi e il varo di una nuova generazione di Soprintendenti che sappia coniugare cultura della conservazione con gestione economica, tutela dei beni con loro messa a reddito, dando nuova vitalità a un’attività percepita solo come interdittoria. L’Italia deve sfornare le eccellenze mondiali di questo settore.
  • Finanziamento dei Beni culturali con i Beni culturali. Attualmente tutti gli introiti (dagli ingressi ai diritti di copyright sulle immagini del nostro patrimonio) vengono versati al Ministero delle Finanze e solo in minima parte riutilizzati per la cultura.  È necessario che tutte queste entrate siano destinate a restauri, tutela, valorizzazione, formazione.
  • Restauro del pubblico con il privato. L’abbandono di intere aree archeologiche e opere d’arte impone il ripensamento del sistema dei restauri e una decisa attività di conciliazione degli interventi manutentivi con il privato. Serve garantire defiscalizzazione e sgravi tributari (come all’estero) e un regime fiscale per il restauro che sia un incoraggiamento alle imprese a maturare appeal pubblicitario di qualità.
  • Valorizzazione dell’esistente invisibile. Tutti i musei italiani hanno depositi ricchissimi di materiali storici e artistici. E’ mancata finora la volontà di valorizzare questo giacimento. È necessario catalogare e creare una rete tra Musei e Soprintendenze che elabori attività espositive dedicate a queste opere. La loro itineranza internazionale deve essere agevolata con procedure snelle, forme di “affitto a lungo periodo” accompagnate dal ‘marchio Italia’, con vantaggi di ricavo e di pubblicità per il nostro patrimonio culturale.
  • Agevolazione della fruizione del patrimonio culturale a parte della popolazione, anche attraverso l’obbligo di apertura delle strutture pubbliche di interesse artistico e culturale nelle giornate festive e prevedendo forme di incentivazione alla presenza di famiglie e scolaresche.
  • Studio e realizzazione di nuovi media per il patrimonio artistico. Attualmente i nostri musei sono privi di siti web di divulgazione, i pochi esistenti sono obsoleti e inutilizzabili. Non è rinviabile l’accesso alle moderne tecnologie, anche per incoraggiare i nuovi fruitori – la generazione dei nativi digitali – detentori della nuova domanda.
  • Il rischio snaturamento delle città storiche sotto i colpi delle esigenze commerciali va controllato e contrastato. Gli elementi caratteristici dei centri storici o dei quartieri identitari (nuclei urbani liberty, razionalismo, ecc.) devono essere difesi in quanto divulgatori di cultura italiana e attrazione a loro volta. Botteghe artigianali, musei di settore, librerie, attività primarie devono essere salvaguardati mediante agevolazioni fiscali, ma anche con un’economia di scala, sul modello dei centri commerciali. Una politica di consorzi di strada va incoraggiata con strumenti idonei.
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