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La grande sfida è passare da un sistema di assistenza in gran parte inefficiente e costoso che pone il cittadino come assistito passivo, a un sistema meno costoso che assicuri pari o miglior servizi. 

E’ necessario cambiare questa grande macchina vecchia, lenta e costosa e trasformarla in uno strumento in grado di dare risposte reali ai sempre crescenti e mutevoli bisogni sociali, nonostante la scarsità di risorse.

Il modello assistenzialista è sbagliato, non risolutivo e non più sostenibile. Applicare il principio di sussidiarietà non solo significa mettere il cittadino al centro delle scelte, orientando le politiche sociali nella giusta direzione, ma soprattutto liberare energie, anche economiche, trascurate, con un circolo virtuoso che vede protagonisti il settore pubblico, quello privato e il non-profit.

La “rivoluzione del welfare” passa anche per la valorizzazione del Terzo settore: sentinella delle pulsioni sociali, partner irrinunciabile degli enti locali, portatore sano di valori nell’era della crisi che è culturale prima che  finanziaria.

Gli enti locali e le istituzioni, a loro volta, devono indirizzare i loro sforzi nella lotta al disagio sociale attraverso la prevenzione e la promozione degli stili di vita sani. Pur garantendo la possibilità di cura, di reinserimento sociale e lavorativo a chi vice un disagio (fisico, psichico e sociale), va definitivamente superata la “cultura” della “riduzione del danno”, attraverso la prevenzione dei comportamenti a rischio. 

Così lo Stato sociale prende per mano chi è rimasto indietro senza frenare chi nel frattempo è andato avanti: questa è l’uguaglianza delle opportunità che garantisce alle persone la libertà.

Le scelte:

  • Istituzione dei voucher sociali per rendere libero il cittadino di scegliersi la struttura presso cui rivolgere le proprie richieste. Il voucher è un titolo d’acquisto corrispondente a un valore monetario che legittima l’ottenimento di beni o servizi in strutture accreditate. Il passaggio alla gestione dei servizi socio-sanitari con l’utilizzo dei voucher obbligherebbe i soggetti erogatori dei servizi a operare in un mercato concorrenziale,  migliorandone la qualità; il beneficiario potrà quindi scegliere, in un libero mercato, l’ente dal quale farsi assistere.  Lo strumento è efficace anche per contrastare gli abusi, come quello dei falsi invalidi.
  • Programmazione sociale a medio-lungo termine capace di rispondere ai bisogni sociali presenti e anticipare quelli futuri. Ridursi a pensare nell’emergenza ha costruito il muro di gomma contro cui si stanno scontrando le odierne e principali questioni sociali: invecchiamento demografico, aumento flussi migratori, nuove povertà.
  • Investimento sostanziale sul Terzo Settore in quanto parte sociale. Andare oltre le dichiarazioni d’intenti e coinvolgerlo nella definizione delle politiche sociali di cui è il soggetto attuatore, coinvolgendo quindi i portatori di bisogno
  • Superamento della dicotomia (e talvolta del conflitto) tra pubblico e privato: incentivare le aziende che si impegnano nella ‘responsabilità sociale d’impresa’.
  • Inserimento lavorativo delle categorie svantaggiate: il superamento dell’assistenzialismo passa attraverso un radicale cambio di prospettiva che vede le persone in difficoltà non solo “assistite”, ma parte attiva e risorsa socio-economica della comunità.
  • Attuazione di politiche di sussidiarietà fiscale attraverso la stabilizzazione del 5×1000 in modo che non sia soltanto il pubblico a farsi carico dei servizi sociali, ma anche i contribuenti. Rendere più efficiente questo strumento fiscale che dà al non-profit la possibilità di garantire i servizi con l’aiuto dei contribuenti.
  • Semplificazione, incentivazione e promozione delle agevolazioni fiscali per i privati cittadini e le aziende che donano risorse a enti non commerciali e non lucrativi.
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